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Proseguendo il filo del precedente post, è chiaro che potremmo fare di più. Gli addetti ai lavori non devono solo criticare ma anche essere propositivi o almeno di provarci. Fare una guida mondiale della ristorazione è compito arduo complesso e costoso. Ma internet permette comunque di abbattere molti costi. La cucina italiana ha una grandissima immagine e presenza nel mondo ed è nostro dovere difenderla. Abbiamo anche alcuni mezzi. Abbiamo i GVCI, l’ associazione dei Cuochi italiani nel mondo guidata da Mario Caramella e Rosario Scarpato. Quest’ultimo, persona preparata e intelligente, si lamenta delle carenze della Guida ai Ristoranti Italiani nel mondo, operazione più volte tentata prima da Ciao Italia, poi dalla Fipe, ma potrebbe e dovrebbe porsi in prima fila per una parte attiva. Abbiamo inoltre numerosi e bravi giornalisti come Enzo Vizzari, Paolo Marchi e altri tra le nuove leve. Tutte forze in campo sufficienti per una guida alla ristorazione italiana nel mondo, ma non per farne una internazionale come la quella della San Pellegrino. Bisognerebbe unire la forze dei critici, soprattutto d’Italia Francia Spagna e man mano il resto del mondo, che si riconoscono in alcuni principi di base: il valore del territorio, la riconoscibilità di uno stile di cucina (è triste andare ai concorsi internazionali e non capire la nazione di appartenenza dei vari piatti) ecc… per cercare di fare una Guida a carattere “latino” che promuova la creatività difendendo il valore dei prodotti di base, e che riesca a essere contraltare credibile dell’ attuale anglofona. Il problema è trovare chi può avere la forza di farlo. C’è Slow Food, che però fino ad ora è rimasta lontana dall’ alta ristorazione preferendo sposare la causa delle Osterie. Validissime quest’ultime per difendere un territorio, meno per valorizzarlo e comunicarlo al mondo intero.