Giuseppe Molaro, chef di Contaminazioni di Somma, ci porta a visitare le pendici del Vesuvio per scoprire i vini della Cantina Olivella ed altri prodotti. UN paesaggio che da solo vale il viaggio ed in più il piacere di assaggiare un ottimo rosato, fresco ed elegante, l’Ereo, da uve di piedirosso, guarnaccia, sciascinoso e brindiamo ad Andrea Cozzolino che da anni sta cercando di alzare il livello e far conoscere ad un pubblico più vasto la qualità dei vini di questa particolare zona. Vini e non solo: ortaggi, frutta con al vertice le albicocche e i pomodori del “piennolo”.
Viaggi&Territori
Siamo nelle terre della famiglia Ottavi (donde anche Ottaviano poco distante), qui passava l’acquedotto che portava l’acqua dall’Irpinia alla flotta romana di Capo Miseno, e qui sorgeva questo antico complesso residenziale noto come “Villa Augustea” a Somma Vesuviana alle pendici del Vesuvio, vuoi per la grandiosità della villa vuoi per il probabile legame con la famiglia imperiale. In realtà la più parte della villa risale a dopo Pompei ed è stata preservata e giunta a noi grazie alla lava che l’ha ricoperta in un’eruzione successiva del tardo impero. E’ veramente imponente quello che, grazie al contributo del Giappone, è venuto alla luce, e forse tanto altro è ancora interrato. Interessante il legame con l’agricoltura, qui d’altronde siamo in piena “campagna felix”, sono numerosi i riferimenti ai prodotti e in particolare al vino con statue a Dionisio e fregi. C’è anche una vasta cantina con le anfore ben visibili. Cosa coltivavano allora? per la nostra guida, Francesco Mosca, bravo ed appassionato, nessun dubbio: catalanesca e lui orgoglioso, ce ne omaggia una bottiglia (anzi due), del suo appezzamento poco distante.
Amiamo i formaggi, doprattutto quelli d’alta quota, e al richiamo dell’alpeggio è difficile resistere. Eccoci quindi con Arianna Galati, Massimiliano Tonelli, Leo Spadaro, Beatrice Mencattini e Pietro Accolti Gil salire i tornanti del Moncenisio per arrivare lassù, al campo base: la malga dove la famiglia Giovale da varie generazioni porta le vacche e qualche capra per fare una serie di formaggi eccellenti. Come tutti gli appassionati sanno, la vera differenza nel gusto finale la fa l’alimentazione degli animali. Per questo è così importante la transumanza e poter permettere alle manze di nutrirsi di erbe e fiori che hanno una complessità polifenolica superiore. La ritroviamo nel latte appena munto, e si fissa poi nelle tome. Una famiglia straordinaria, 4 fratelli ognuno con la propria specialità e la nuova generazione che avanza. L’accoglienza è spettacolare con un banco di formaggi che potrebbe figurare nel Guinness dei Primati e che ci dà modo di capire che oltre la qualità, la varietà è un altro punto di forza della Famiglia. Siamo stati due giorni, vedendo tutte le fasi di lavorazione, imparando quasi a riconoscere le manze (non certo con la maestria di Chantal e di Alain i due giovani nipoti di Beppe, due malgari provetti). E ringraziamo Beppe per come riesce a trasmettere la sua passione, la sua determinazione nel difendere l’ambiente e le tradizioni, senza cedere a facili compromessi. Venire su quest’alpeggio è illuminante, non tutti (lo capiamo bene) possono farlo, invece a tutti consigliamo un semplice modo per render onore al merito: andate a comprare questi formaggi, è facile, soprattutto per chi è a Roma: Beppe e i suoi Formaggi, al Ghetto: http://www.beppeeisuoiformaggi.it/
Vivi i Parchi del Lazio è un’iniziaitiva della Regione Lazio per valorizzare alcuni territori nel mese di agosto. Sei domeniche e sei parchi e riserve selezionate per assicurare il necessario refrigerio. Noi abbiamo parteciapto alla terza domenica, dedicata ai Laghi Lungo e Ripasottile di Rivodutri che sono alimentati dalla Sorgente più grande d’Europa, quella di Santa Susanna. Qui accanto a Poggio Bustone è anche nato Lucio Battisti e l’evento aveva il giusto titolo di Acqua Azzurra Acqua chiara. Il posto è incantevole, e a cento metri è anche il ristorante La Trota dei Fratelli Serva che si son dati da fare, e non poco, per l’allestimento e l’organizzazione della giornata. E con alcuni amici ce la siamo goduta partecipando anche ad un bel dibattito sull’importanza di queste piccole aree che però hanno un potenziale molto più grande e che è un dovere cercare di sfruttare. Alcune idee sono state gettate, il conseonso delle Istituzioni è fondamentale, speriamo che arrivi. Brindisi finale alla sera con alcune ricette della Trota.
Un agriturismo in città quello di Giovanni Trinchese, un operatore appassionato che sta cercando di recuperare le antiche varietà dei vari ortaggi per metterle poi a dimora nei campi poco distanti dalla città. In città ha un laboratorio per le lavorazioni e un locale semplice ma caratteristico dove assaggiare e comprare anche i prodotti, freschi o confezionati. Una bella iniziativa che ci ha fatto scoprire Luigi Salomone che ringraziamo.
Strade d’Arabia, una bella mostra che viene ospitata nelle spettacolari Terme di Diocleziano. Visitiamo reperti famosi, vediamo un bel video sull’oasi di Alula al centro del deserto e del nucleo di tombe scolpite nella roccia di grande suggestione. Buono anche il buffet finale, ovviamente con abbinamento analcolico.
Ringraziamo il Consorzio del Brunello di Montalcino (e in aprticolare Giacomo Pondini, il direttore) per il cortese invito e abbiamo approfittato della bellissima giornata quasi primaverile per ritornare nel bellissimo borgo. Una giornata di festa con il lancio della nuova annata, la nuova piastrella (5 stelle) e la grande degustazione al chiostro del Convento. Ringraziamo anche Massimo Rossi e tutti i suoi sommelier per il cortese servizio che ci ha fatto assaggiare al meglio alcune etichette (tra la decina provate citazione particolare per il Marroneto Madonna delle Grazie, il Poggione e Le Palazzine).
E’ uno dei posti più suggestivi del Levante ligure: siamo a Sestri all’Hotel Nettuno, l’unica costruzione direttamente sulla spiaggia, che conserva in pieno un fascino d’altri tempi grazie alla sua particolare struttura che offre due particolarità: la bella sala ristorante e l’ovale centrale ideale per concerti. Intorno è la cittadina con le sue due baie. Fuori di stagione è bellissimo passeggiare e respirare l’aria pura e tersa di un inverno sorprendentemente mite.
Ci veniamo di rado, nonostante sia a due passi da casa, ma è uno dei posti del cuore. Forse perchè conosciamo Anthony dal suo arrivo in Italia, prima da Pinchiorri, poi in Giappone e poi lo ritroviamo a dirigere una cucina importante, quella di Palazzo Sasso (oggi si chiama Palazzo Avino) a Ravello. E’ uno chef anomalo per il panorama italiano dove a volte c’è tanta passione e creatività, ma forse non altrettanto rigore. Anthony è cresciuto a Parigi, in epoca (oggi anche lì si è un po’ più permessivi) con regole ferree e insegnamenti precisi. Adattarsi non è stato semplice, percorrere un percorso autonomo in prima persona ancora di meno, e gli siamo stati accanto in periodi anche non facili. Poi ecco il Pagliaccio ed un successo non improvvisato, ma costruito con determinazione pazienza e sacrificio. E con due stelle alle spalle, senza un importante albergo ad aiutarlo, non si può nemmeno dormire sugli allori e l’impegno rimane alto e costante. A tutti consigliamo vivamente di visitare questo posto (negli anni diventato pure piacevole e molto elegante) dove Anthony si esprime con la sua non facile cucina, dove il territorio di riferimento è la Terra, dove può capitare qualsiasi cosa dall’abalone all’astice, ma per Anthony l’ingrediente è importante ma ancora di più la ricetta, dove nessun elemento è mai solo, nemmeno per genere (e così troviamo spesso pesce con la carne, mare con i monti), ma nulla è messo lì per caso: Lui segue le sue ispirazioni che per altro sono complesse, a volte sembrano pure un po’ tortuose, ma il suo è un barocchismo indubbiamente suadente e poggiato su una solida e profonda conoscenza dei fondamentali. E a completare ecco l’accoglienza di Marion oggi in sala (ma secondo noi uno sguardo ai dolci, buonissimi, lo dà sempre) e il servizio praticamente perfetto di Matteo Zappile.