Ci ha lasciato un grande amico, un cuore generoso, un gastronomo raffinato. Tante le passioni in comune, perfino nei dettagli. Come il sottoscritto, se sentiva di un locale sperduto tra i monti ma con cucina interessante, lui il giorno dopo era là, magari anche a 500 km di distanza. E, se era valido, mi telefonava allegro e felice. In particolare amava scoprire i giovani chef, perchè lui era come loro, altrettanto giovane nell’animo, ed inoltre voleva capire la trama della cucina di domani assaggiando i piatti della nuova generazione. E’ morto poco dopo un lungo giro al sud che l’aveva caricato a mille, ma non a sufficienza per vincere il male. E qui riportiamo la sua ultima tappa, non ha fatto in tempo a mandarci il suo commento se non che la cittadina di Nicastro era bellissima, il locale pure e Luigi Lepore, talmente bravo da meritare una stella.
Roberto Tosca
Iera sera ci ha lasciato Roberto Tosca, per me non solo un collaboratore prezioso, ma soprattutto un grande amico. Infaticabile ed appassionato ci univano tante cose, l’amore per la ristorazione, e quello verso i giovani chef. Era incontentabile quasi come me, sempre attratto dalle novità, sempre in giro per scoprire i nuovi talenti, sempre alla ricerca del buono e dell’originale. Una curiosità insaziabile, un palato fine ed una generosità che non aveva uguali. Un vero galantuomo di altri tempi, corretto e cortese. Amava sorprendermi con i suoi messaggi. Arrivavano via whatsapp le foto dei piatti ed iniziava la gara: indovina dove sono? con l’orgoglio di far vedere che arrivava ovunque anche dove non te l’aspetti. E io gli dicevo bravo! e lui mi rispondeva: sei tu il maestro da te ho imparato tanto, ed invece sono io a ringraziare chi con la sua allegria e voglia di vivere la tavola mi faceva sempre ritoranre un pò fanciullo. Stamani quando ALberto Gipponi, un’altra sua scoperta e forse lo chef da lui più amato, mi ha dato la notizia, ho pensato che questo orribile anno non ci vuole lasciare. E’ come aver perso un fratello, con l’unica soddisfazione che è andato via contento, il suo ultimo tour tra Sicilia e Calabria l’aveva riempito di gioia per i tanti giovani e bravi chef visti all’opera. Caro Roberto mi mancherai davvero.
Grazie all’amico Roberto Tosca, instancabile viaggiatore goloso, arriviamo in questo nuovo locale, semplice ma ordinato, che nel primo spazio propone una pregevole pizza, opera di Massimiliano Coppola, ma poi si apre in un secondo spazio con tavoli ben distanziati che svela maggiori ambizioni. Sono tutti giovanissimi sui 25 anni, i due titolari: Francesco Bertolini e Lorenzo Griselli in cucina con il loro aiutante Mattia Massari; mentre in sala il lato femminile: Deviola Sula con Sara Cappelli. Siamo sul retro di Cantine Lunae e ci raggiunge a tavola Diego Bosoni, con il quale brindiamo al nuovo anno e ai suoi ottimi e freschi vini. Venendo ai piatti, seguiamo la proposta del menù “astratto”. L’ispirazione pittorica è evidente, il rosso prevalente e tra ribes melograna e rape rosse non manca di ravvivare l’estetica, a volte troppo punteggiata. Manca qua e là qualche equilibrio (polpo asciutto sotto la spuma fluida, le carni troppo nappate, il dessert debolino), ma se dovessimo dare una valutazione avendo come parametro l’età loro schizzerebbero verso l’alta classifica. Come dire, venite a trovarli e seguiteli nella prevedibile ascesa.
Siamo proprio di fronte alla stazione ferroviaria nel bel giardino che occupa gran parte della pizza. Qui il vecchio chalet è stato rimodernato ed ampliato per creare una struttura molto accogliente: piacevolissimo l’ingresso, caldo e attraente con il banco bar e una buona selezione di formaggi, più professionale la sala del ristorante che non nasconde le sue ambizioni. A gestire il tutto due fratelli gemelli ben assortiti: Alessandro ai fornelli e Filippo in sala. Non passano e non vogliono passare inosservati, ed in effetti Filippo si muove con professionalità non da poco, è attento sui vini, alla coreografia del tavolo e a tanti dettagli che arricchiscono il servizio (basterebbe citare il pane spezzato a mano), è stato eletto finalista a Emergente Sala a Merano al termine di una difficile competizione e lo ritroveremo quindi a Roma per la finale. In cucina il fratello non è da meno, con una cucina contemporanea, volutamente aperta alla contaminazione, e qualche nota azzardata spesso inserita nel contesto. Non sempre l’effetto è centrato, ma di certo non ci si annoia in questo bel locale. La parte migliore? forse la serie di stuzzichini iniziali attraente e gustosa.
Nel mezzo della Lomellina tra risaie e canali affiorano borghi che non ti aspetteresti come Cozzo e Scaldasole con i loro castelli e Sannazzaro che ha un piccolo centro storico. Manca in genere l’ospitalità curata e questo Hotel Eridano è un pò l’eccezione. Alla guida una famiglia di imprenditori di origine campana, da qui il curioso nome del ristorante che sta a ricordare la distanza in km dal luogo di origine. Una delle due sorelle, Annalisa, accoglie in sala ben coadiuvata da Benito Langella, che ben si è fatto notare ad Emergente Sala a Merano. E anche in cucina c’è un altro giovane in gamba, Tepshi Rigels, origine chiaramente straniera ma ormai perfettamente naturalizzato. Ha frequentato cucine importanti e infatti i piatti sono ben presentati da un punto di vista estetico e costruiti con logica. Sarebbero ancora migliori se, almeno qualcuno, fosse più aderente al territorio e soprattutto se avesse intorno una brigata adeguata a mantenere il giusto ritmo alla cena. Ma pian piano le cose probabilmente e naturalmente si aggiusteranno.
30 anni di ristorazione e di successi che hanno fatto conoscere questo borgo piccolissimo e un po’ sperduto a tantissima gente! La Palta era nata come bottega del paesino, Bilegno, una piccola frazione dell’entroterra piacentino. Si vendeva un po’ di tutto e magari anche qualche panino veloce per l’occasione. Poi hanno iniziato pian piano a cucinare, poi è arrivata Isa Mazzocchi, poi è giunta la notizia che nel territorio c’era uno chef bravo che faceva anche scuola di cucina. I meriti vanno a George Cogny? Lui era un grande chef di sicuro, ma crediamo che Isa sia stata la sua migliore allieva e quindi i meriti vanno almeno condivisi. Ma Isa non è da sola, ha saputo attorniarsi da una bella brigata e in sala la sorella ed il cognato Roberto si sono dimostrati altrettanto bravi. Insomma dietro il successo della Palta sono in tanti. E, la cosa più bella, è che continuano senza fermarsi. Abbiamo trovato una Palta ristrutturata e più elegante, e non basta, nel futuro prossimo ci sono altri investimenti ed allargamenti dell’attività. Insomma non è un locale, ma è un progetto in evoluzione. Noi l’abbiamo seguito fin dall’inizio, non ci siamo venuti spesso, ma l’abbiamo sempre sentito e seguito. Spesso in compagnia, una volta con il mitico Beppe Severgnini che era alla ricerca di uno chef donna contemporaneo, ora con Roberto Tosca, un gentiluomo dal palato fine. Ed è sempre un piacere, perché a Roberto non manca la vena nel porgere il vino che fa la differenza e ad Isa quella di servirti una ricetta che fa pensare. Questa volta è stato il cuore appena scottato con i fagiolini tardivi dell’orto. Isa secondo noi quando volge lo sguardo indietro più che in avanti, sa suscitare le giuste emozioni.
E’ il più maturo dei giovani chef, il più schivo, il meno mediatico, forse il più bravo o comunque tra i cinque più citati sui quali tutta la critica concorda. Non sarà un caso, quindi ci siamo ristorati volentieri in questo grazie anche all’aiuto logistico di Roberto Tosca, un galantuomo gastronomo che ha pochi rivali. Nulla all’esterno fa presagire l’interno: in perfetto equilibrio tra il moderno e l’antico, tra la soluzione innovativa e quella della nonna, tra il mondo circostante e gli stimoli che arrivano da lontano. Il modello è forse quello dell’Osteria Francescana, ma pur essendo vissuto alla corte di Bottura per un anno Alberto Gipponi ha saputo assorbire tanto ma è anche riuscito a rimanere originale. Il Dina è curato in ogni dettaglio come atmosfera ed arredo, e lo stesso vale per i piatti. Apparentemente si sono perfino semplificati rispetto a quanto a suo tempo assaggiato. Ma è un’apparenza, Alberto si esprime con una serie di messaggi precisi ma tecnici. La tazza è ricorrente, rassicurante come quella della nonna, scandisce sapori netti (il brodo di tutto, le lumache, i funghi, il riso dolce) quasi un percorso nel percorso. E tra una zuppa e l’altra arrivano i messaggi potenti: iodato sferzante (la seppia) succulento morbido (la terrina) sapido (la cozza) amaro (gli spaghetti al verde delle erbe (un capolavoro coraggioso) in una scansione esemplare quasi didascalica. Difetti tecnici ce ne sono pochi a nostro avviso: il soufflè non ben eseguito, gli abbinamenti poco precisi non del vino ma dei complementari al piatto principale (i datteri, le chip). Ultima annotazione sulla sala: eccellente e professionale, ma forse (anche a detta di qualche altro collega) non stonerebbe un sorriso e un pizzico di allegria in più.
L’albergo gioca un ruolo importante in città: appartiene alla famiglia Barilla, di fronte è l’Accademia, vicino è il Centro Congressi. Eppure finora, pur essendo un cinque stelle, non ha mai puntato su una ristorazione d’autore. Da poco è arrivato Roberto Conti, chef di consolidata esperienza (citiamo ad esempio Luigi Taglienti al Trussardi) e il livello è cambiato. Abbiamo assaggiato qualche piatto corretto, con un servizio attento e preciso, il tutto lascia presagire un più alto livello. Pesa, in senso negativo, la sala che è rimasta quello che era, ma anche qui le cose dovrebbero presto cambiare. Non resta che attendere.
Ed ecco le immagini della giornata più importante, quella delle varie finali. In tre aree differenti si sono sfidati i finalisti della pizza, gli chef under 30 sul palco e i professionisti under 30 della sala nel ristorante Lume. Contemporaneamente si è svolo l’importante appuntamento di Parmigiano Identity con ben 10 produttori presenti, e i lunch dedicati alle aziende del Consorzio del Morellino con presente Fabio Piccoli. QUindi una giornata articolata e movimentata arricchita dalle premiazioni della Guida del Touring Club Italiano per le migliori strutture del nord d’Italia. Una lunga sequenza di contenuti, di ricette interessanti. I finalisti in cucina si sono confrontati con la “mistery box” e hanno dovuto improvvisare le loro ricette. Alla fine ecco i vincitori. Per la Pizza: Niccolò Serradei di O Fiore Mio e Indrit Haraciu di Berberè. Per la Sala: Luis Diaz del Seta del Mandarin e Carmilla Cosentino della Rei del Boscareto. Per gli chef: Michele Lazzarini per il nordest, Davide Caranchini e Stefano Bacchelli ex-aequo per il nordovest.