Sia l’albergo che il ristorante hanno rappresentato (con Palazzo Petrucci), l’unico vero tentativo di far qualcosa di diverso nel settore qui a Napoli. Mentre la regione gode di grandissimo entusiasmo e sviluppo nella ristorazione di qualità, la città langue e sonnecchia con l’unica importante eccezione delle pizzerie che stanno vivendo una stagione gloriosa. Ma torniamo a quest’albergo (bellissimo) e al suo ristorante altrettanto bello. Si gode la vista del golfo, cullati da un servizio premuroso e attento, immersi in un ambiente volutamente oscurato per far meglio risaltare il panorama e i bellissimi piatti che arrivano dalla cucina. Lo stile è quello originario di Aprea, mutuato da Salvatore Bianco, altrettanto giovane e preparato, e soprattutto gran lavoratore, perchè menù come questi (a 85 e 110 euro, secondo la lunghezza) sono di quelli che impegnano a fondo una brigata. Gli ingredienti si affollano con garbo e buon senso a testimoniare la maturità raggiunta dalla squadra, maturità che ci convince maggiormente in apertura e chiusura, con l’uovo e la seppia in primo piano, e i due spettacolosi e buonissimi dessert nel finale, tutti piatti che si contendono la palma del migliore, mentre quella del peggiore la diamo a dei tortelli confusi e sommersi (è il caso di dirlo) dai troppi ingredienti.