In cucina Saverio Sbaragli e Andrea Mazzoni costituiscono un team formidabile, due chef toscani che conosciamo da anni, il primo incontrato all’Hotel Continental di Siena anni fa, il secondo visto crescere tra Montecatini e Firenze. Ora sono qui riuniti con un grande bagaglio di esperienza alle spalle e si giovano di una sala altrettanto valida ed esperta: Fabio Masi, è qui da molti anni, e oggi con lui il bravo Ciro Sorrentino (ex Romeo di Napoli) e sempre dalla Campania Feliciano Ronga (ex 4 Passi) con il sommelier Yann Hangouet. Insomma una brigata di rispetto, come lo è questo bel ristorante che si articola in due sale: la blu, classica e francesiggiante, la verde con un omaggio al golfo di Napoli. Tutto scorre con ritmo preciso, senza pause, in modo piacevole. Ricette dedicate al tartufo nero che in questo perioso trova il suo vertice e che qui è particolamente amato. Ricette che non sfigurerebbero in Italia in un ristorante stellato, con forse ogni tanto qualche leziosità o salsa di troppo, ma siamo anche in pieno territorio di cucina francese e quindi sono concessioni opportune ed inevitabili. Fini ed eleganti gli stuzzichini iniziali e i dessert finali (di gran classe). Nel lungo percorso da citare l’ottimo astice, lo spettacolare risotto, la sogliola.
Ciro Sorrentino
Sia l’albergo che il ristorante hanno rappresentato (con Palazzo Petrucci), l’unico vero tentativo di far qualcosa di diverso nel settore qui a Napoli. Mentre la regione gode di grandissimo entusiasmo e sviluppo nella ristorazione di qualità, la città langue e sonnecchia con l’unica importante eccezione delle pizzerie che stanno vivendo una stagione gloriosa. Ma torniamo a quest’albergo (bellissimo) e al suo ristorante altrettanto bello. Si gode la vista del golfo, cullati da un servizio premuroso e attento, immersi in un ambiente volutamente oscurato per far meglio risaltare il panorama e i bellissimi piatti che arrivano dalla cucina. Lo stile è quello originario di Aprea, mutuato da Salvatore Bianco, altrettanto giovane e preparato, e soprattutto gran lavoratore, perchè menù come questi (a 85 e 110 euro, secondo la lunghezza) sono di quelli che impegnano a fondo una brigata. Gli ingredienti si affollano con garbo e buon senso a testimoniare la maturità raggiunta dalla squadra, maturità che ci convince maggiormente in apertura e chiusura, con l’uovo e la seppia in primo piano, e i due spettacolosi e buonissimi dessert nel finale, tutti piatti che si contendono la palma del migliore, mentre quella del peggiore la diamo a dei tortelli confusi e sommersi (è il caso di dirlo) dai troppi ingredienti.