E’ andato via Angelo, una presenza calda e familiare in sala difficile da sostituire, ma dobbiamo riconoscere la professionalità e il tratto cortese di Valerio Capriotti, sommelier romano cresciuto sotto casa da Roscioli che affianca il sempre presente Claudio Mazzale. In cucina non dimentichiamo la presenza stabile e importante di Marco Corallo, ma di certo è Ciccio Sultano ad essere immanente. La sua cucina si può amare o meno (e noi siamo tra i primi), ma di certo non passa inosservata. Il pranzo scorre come una specie di fiume in piena di sapori, dove nulla è lesinato, ma senza scivolare nel pastrocchio o nel mare magnum dell’accozzaglia. Di certo la scelta è barocca, come il territorio e la tradizione vuole: insomma se si va a tavola è per rimanere sbalorditi e aggrediti dalla succulenza e dall’opulenza, qui non si gioca in punta di fioretto, ma si usa la scimitarra, un pò come i feroci saladini che risalivano dalla costa. Quando la misura è per noi corretta, pensiamo alla gelatina iniziale sospesa tra mare monte e orto e profumata di agrumi, o la perfetta triglia appena cotta soavemente e innervosita dalle briciole di pane, o al maccheroncino al ferretto ben contrastato per finire con il cannolo sensazionale,…. allora l’emozione accompagna il gusto. Altri piatti ci sembrano invece meno equilibrati come lo spaghetto con bottarga e i due secondi di carne. Ma di certo venire al Duomo è un’esperienza da fare, ed è di quelle che si ricordano a lungo.