Dietro c’è una famiglia importante, un progetto e un’idea, davanti un gruppo di giovani ragazzi e ragazze bravi, simpatici e coesi. La somma è una delle novità più interessanti che ci siano. Cominciamo dall’inizio. Marco Bizzarri è il CEO di Gucci da tanti anni, ed è un pò l’artefice della grande crescita di questa Azienda. Quando era ragazzo, come tutti noi, anche lui andava a scuola. Il caso ha voluto che accanto, nello stesso banco, ci fosse Massimo Bottura. Sono cresciuti insieme, poi hanno preso strade diverse, ma sono ambedue arrivati al vertice della loro carriera. A questo punto si sono ritrovati professionalmente. Massimo Bottura ha cominciato ad aprire “Osteria Gucci” in varie città del mondo (Firenze, Los Angeles, Tokyo), in comune non ci sono solo affari, ma la stessa visione del mondo. Un mondo dove il cibo è cultura, dove il buono va a braccetto con il bello, dove la sostenibilità è il vivere quotidiano. Stefano, figlio di Marco è cresciuto con questi valori ed è sempre stato affascinato dalla ristorazione. Da qui l’idea di entrarci e viverla fino in fondo. Con la compagna Allegra Tirotti, architetto, hanno rilevato questo locale di lunga storia e grande panorama a monte Gabicce alcuni anni fa. Poi hanno cercato di individuarne tutte le potenzialità ed hanno messo a punto il progetto, che dopo una lunga incubazione sta partendo, anzi almeno la ristorazione è sicuramente partita. Su questa adesso ci focalizziamo, non senza un minimo parlare della cornice: la cura dei dettagli, dell’arredo, della sostenibilità. Ogni cosa è stata pensata e realizzata con il pensiero di chi va oltre il domani. Parliamo ora di chi ci mette la faccia. In primis sempre la coppia dalla quale tutto è partito, Allegra e Stefano, che accolgono e seguono gli ospiti. Ma se loro non hanno ancora la professionalità di lungo corso necessaria alla gestione corretta del tutto, c’è chi da’ una mano. Sia in sala, come il giovani e preparato Alessio Di Iorio, sia in cucina dove il responsabile è Davide Di Fabio. E’ difficile dire dove finisce Davide Di Fabio e comincia Massimo Bottura. DI certo Davide ha vissuto tantissimi anni accanto a Massimo e ne ha appreso, meglio forse di tutti, la filosofia e le idee. Davide è abruzzese, ha sempre avuto un pò di nostalgia per l’Adriatico, e dopo tanti anni alla Francescana desiderava anche lui mettersi in gioco di persona. E il contesto ci sembra la soluzione migliore. A fianco ha il bravissimo Alessandro Fabbrucci (che segue anche l’orto) con il quale dialoga perfettamente e tanti altri ragazzi giovani ed in gamba.
Il primo menù è già sorprendente. Un percorso che strizza l’occhio al passato, omaggio all’amarcord felliniano, per poi proporci una cucina di grande gusto, senza troppe avventure, ragionata e moderna. Una serie di piatti senza sbavature, ben eseguiti, anche gradevoli all’occhio senza per questo ricercare l’estetica maniacale. Difficile segnalare il migliore tra tante perle, ci limitiamo a notare che la parte finale dei dessert, pur essendo buona non è ancora (ma siamo agli inizi) all’altezza di quanto arriva prima. Bravi quindi tutti, con la voglia di ritornarci quanto prima.
Davide di Fabio
Arrivare al vertice è sempre difficile, ma ancora di più rimanerci. Abbiamo conosciuto proprio agli inizi Massimo Bottura, quando era ancora alla trattoria di Campazzo, prima di partire per New York, conoscere Lara Gilmore e da lì diventare il grande chef che è. Il successo spesso annebbia le idee, cambia il carattere, ti fa perdere il contatto con il mondo reale. In questo Massimo secondo noi, sostenuto da una grande apertura mentale, una cultura a tutto campo e una capacità di dialogo come pochi, riesce a mantenere il giusto equilibrio: cucina per i ricchi, alla sua tavola si siedono i VIP più famosi, ma non dimentica che c’è un altro mondo; ed è così sempre in prima linea anche con i suoi Refettori, con i tanti progetti di Food for soul. Non venivamo da un paio di anni ed eravamo quindi curiosi: la sua cucina come si sta evolvendo? Dal momento che amiamo quanto lui anche la musica, un pò di tutti i generi, dal jazz all’opera, ma anche quella pop, amiamo ovviamente anche i Beatles, siamo crexciuti con il loro sound (anche se poi abbiamo preferito i Pink Floyd). Sgt Pepper Lonely Hearts Club Band per chi ha vissuto quell’epoca è stato come uno squarcio che apre un nuovo mondo. Un passaggio dalle canzonette gradevoli, spigliate ma leggere tipo Please me, ad una musica di gran lunga più complessa, più in linea con i tempi, un preludio al cambiamento di stili di vita che ha accompagnato la cosidetta rivoluzione dei fiori. Godersi un menù che ne ripercorre in senso gastronomico i messaggi è non solo interessante, ma illuminante perchè in un certo senso apre anch’esso verso un orizzonte gastronomico diverso che potremmo sintetizzare con uno dei titoli del menù: cellophane flowers & kaleidoscope eyes. Pur non essendoci nel menù un piatto vegetariano, sono le erbe le foglie i fiori i veri protagonisti della lunga carrellata di pietanze non solo per il cromatismo di ogni presentazione ma per l’intenso effluvio dei loro aromi. La sequenza non è a scansione (es piatto acido, poi dolce, poi amaro ecc..) ma ogni piatto è un caleidoscopio non solo di colori ma anche di sapori, potremmo dire un doppio arcobaleno. Sorprende perfino il pane, la brioche iniziale che ci ricorda quella magica di Lenotre, qui viene completamente rivista per proporre non tanto la grassezza del burro quanto la complessità dei sapori che vanno dol dolce al sapido, un vero pasto a se stante. Un delicato e intrigante fish & chips è quello dello Yellow Submarine, una potente costruzione quella del risotto di Strawberry Fields dove dolcezza (riso e gamberi) acidità (fragole e lambrusco) aromaticità (pepe ed erbe) fumo e grassezza (mozzarella di bufala affumicata) si succedono nel palato in un lungo inseguimento. Il piatto che forse ci ha più colpito è il successivo: il merluzzo al curry verde, un piatto bellissimo di grande nobiltà, elegante, giocato con pochi protagonisti (il pesce, la salsa, e la sfumature del verde), senza tempo e luogo (il merluzzo e il curry sono ingredienti veramente universali) ma rimane nella mente come un capolavoro di arte moderna. Altro gran piatto è il piccione. L’unica osservazione che facciamo è sul piccione in quanto tale, fin troppo ricorrente in tutte le grandi tavole d’Italia (e non solo), ma qui vorremmo vedere un tacchino, un coniglio, meglio ancora il pollo! Ma tornando al piccione è di certo difficile trovarlo in una versione così raffinata, di consistenza quasi burrosa nel petto, di sapore deciso e ficcante nella crocchetta. Largo è lo spazio dedicato ai dessert, anche qui non ci si annoia: dalla cremosità intrigante della creme caramel all’effervescenza del Summer is coming, e alla golosità della nuvola di zucchero finale. Manca solo forse nel complesso una nota croccante più pronunciata. In sintesi un’esperienza che ci conferma che Massimo è sempre lassù, in alto, diciamo riprendendo i Beatles in the sky with or without Lucy, shining on the crazy diamonds (questa volta citando i Pink Floyd) dove i crazy diamonds sono i suoi ragazzi della sua brigata, ai quali sembra lasciare più libertà di esprimersi e di fare di quest’Osteria Francescana un posto senza necessario riferiemnto territoriale ma capace di spaziare lontano e interagire con il mondo. Ed è notizia di queste ore che Massimo è stato nominato Ambasciatore dell’ONU per i suoi meriti e la sua visione umnitaria. E’un riconoscimento che premia Lui, ma anche l’Italia tutta.
Di passaggio a Modena, non c’è tempo per un pranzo all’Osteria Francescana, ma per fortuna c’è Da Panino, l’intelligente locale di Beppe Palmieri che in effetti ci accoglie e ci nutre con due bei panini. Prima di andar via un saluti al grande Massimo, non c’è, ma ci sono i suoi due alfieri. Vincere a Bilbao, in casa degli spagnoli! un’altra leggenda da raccontare.
Daniele Zunica è tra i più noti ristoratori abruzzesi con il suo omonimo ristorante di Civitella del Tronto, che è ormai quasi un’istituzione per le tante attività che ha supportato per cercare di valorizzare il territorio. Teoricamente Ascoli Piceno pur essendo vicina è distante. Il Tronto faceva da confine tra lo stato borbonico e il resto dell’Italia, tra il sud e il centro, tra l’Abruzzo e le Marche. Ma Daniele ha saltato il fosso ed il Tronto conquistato anche dal fascino di Ascoli Piceno che è tra le cittadine più belle d’Italia. Siamo a pochi metri dalla piazza-salotto del Popolo, nel prestigioso contesto di Palazzo Guiderocchi. Qui Daniele ha preso in gestione il ristorante, ha alleggerito le sale con la consulenza di un altro personaggio importante di Civitella, Gino Natoni, e porta la sua cucina che grazie a lui e alla sua coraggiosa scelta di puntare su brigate giovani, negli ultimi anni si è rinnovata ed ora è tra le più felici interpretazioni, leggere e moderne (ma senza strafare) di quello che il territorio suggerisce.
Un Massimo Bottura scatenato e contento ieri a Identità Golose. In primis l’annuncio del nuovo refettorio a Parigi, che si aprirà a breve con una cena a 4 mani Alleno e Ducasse. Ed è proprio con Yannick Alleno sul palco che Massimo da quest’annuncio. Poi il tema è la pasta e si scatena con la brigata in un menù di sola pasta, dall’antipasto al dessert, presentato e fatto assaggiare a molti dei presenti in sala, alcuni perifno imboccati dallo chef. Il pubblico in 45 minuti è stato bombardato non tanto dagli assaggi, quanto dalle emozioni, battute, coinvolgimenti dello chef. Da parte nostra abbiamo apprezzato anche un altro messaggio: non è mai stato solo sul palco ma ha voluto condividere ogni momento con la sua squadra.
E torniamo dopo qualche anno a Civitella, su alla Fortezza, per una grande serata. Non è la prima volta e speriamo che non sarà l’ ultima. E’ uno dei luoghi più belli e particolari d’Italia, con una vista che spazia dal Gran Sasso al mare, e la suggestione di ripercorrere spazi e pietre che hanno visto e fatto la storia. Una serata nata da un’idea di Daniele Zunica, il noto ristoratore di Civitella, supportata da Davide Di Fabio, il secondo di Bottura che è nato poco distante da qui e sposata alla fine da Massimo Bottura che non si tira indietro quando c’è da fare del bene. Una serata all’insegna dei grandi piatti di Bottura, ma con una cornice artistica intrigante. Massimo bottura ama l’arte moderna, e qui trova la Baronessa Durini e Gino Natoni che non sono da meno. Tra l’altro in Abruzzo ha operato Joseph Beuys, un artista al quale Massimo è molto legato. E si è aggiunto anche Mark Kostabi, pittore e musicista molto legato a Civitella che è stato anche protagonista del film di Bruno Colella My Italy che viene proiettato in una saletta a parte. (per coincidenza siamo elgati a Bruno e suoi estimatori). Arte e solidarietà: il ricavato andrà a favore di Agave, l’onlus di Sant’Egidio a favore dei bambini handicappati e delle loro famiglie.
Ci sono ristoranti che anche ad andarci ogni tre o quattro anni, non cambiano molto, pur magari rimanendo ad ottimo livello. Qui alla Francescana c’è sempre una sorpresa, crediamo che il motivo sia semplice: Massimo Bottura gira di continuo per i 5 continenti e un animo sveglio come il suo, fa presto a fare confronti, ad acquisire stimoli, a tentare qualcosa di nuovo. Il percorso che ci ha sottoposto ci ha sorpreso, un’evoluzione non per sottrazione come tutti (chef e critici) hanno per anni proclamato, ma quasi barocca pur restando nei limiti dell’essenziale e della concentrazione senza inutili ridondanze. Costruzioni non più aperte, ma che si avviluppano su se stesse, dove raramente si punta all’assolo, quanto ad un concerto intenso dove le note acide le abbiamo viste in regressione a favore di una armonia più succulenta, allungata spesso da note terziare (tostatura, fermentazione). E’ sicuramente un percorso più difficile, che quello di ricercare ad esempio l’effetto minimalistico (ma che talvolta è sorprendente) di due ingredienti curiosi abbinati insieme. Qui lo studio è più impegnativo e richiede al commensale una partecipazione sicuramente maggiore. A questo si aggiungono gli abbinamenti del bere, che Beppe Palmieri suggerisce, e anche qui il percorso è articolato, con una serie di proposte dove trionfa il bere miscelato che sembrava ormai andato in disuso. D’altronde all’estero vanno di moda centrifugati, tisane e spremute, non vediamo perchè qui da noi non si possa osare anche sotto questo profilo. Ci è piaciuto tutto, ma una particolare citazione va al miso di tagliatelle con verdure e al tempura di calamari e melanzane, non a caso sono forse i piatti dove la contaminazione (orientale) è maggiore.
Venti anni fa Igles Corelli (uno di quegli chef capaci sempre di saper guardare oltre) ci segnalò un giovanissimo chef che gli era parso sveglio e capace e così arrivammo in questa Osteria Francescana, allora veramente un’osteria. Da quel giorno almeno una volta l’anno, a volte anche di più, siamo sempre tornati per assistere all’evoluzione di questo chef che credo tutti dobbiamo ringraziare, non tanto per la crescita professionale e quella del suo ristorante, (che è importante, ma comunque legata ad un’attività privata) quanto per l’enorme valore aggiunto all’immagine della cucina italiana nel mondo. Massimo non è solo un grande chef, ma riesce a sportarsi continuamente e ad essere presente lì dove serve, ha una moglie americana (in gamba), e parla fluentemente l’inglese, ha passione e spontanea dialettica, e riesce a trascinar l’uditorio. In questi anni, mentre l’Italia ha perso posizioni e pil, la ristorazione è andata avanti e di sicuro Massimo Bottura è stata una bella bandiera da sventolare e l’ambasciatore ideale per motivazioni e cultura. Venti anni spesi veramente bene, auguri Massimo!
Fine del primo giorno e stanchi morti andiamo da Ca’ del Bosco per scoprire che cucina niente di meno che Massimo Bottura. Quello che ci vuole per resuscitare e passare una grande serata. Il piatto migliore? come si può scegliere tra i fantastici tortellini alla crema di parmigiano reggiano e il vitello (servito senza il coltello, si taglia con la forchetta) screziato da mille colori? Alla fine optiamo per il risotto aromatico, un passo avanti nella direzione di chi ama veramente il riso e lo vuole valorizzare. Incredibile il ritmo della serata (sei piatti a questi livelli per 150 persone in un’ora e mezzo!): che ragazzi che ha Massimo in brigata!!!
Il più antico Gourmet Festival del mondo è quello di St Moritz che giunge quest’anno alla sua ventesima edizioni e lo fa in grande. Con doppio piacere nostro, cioè di italiani, perchè quest’anno il posto d’onore è stato dato a Massimo Bottura, che per tutta la settimana sarà al Badrutt’s Palace, l’albergo storico della famosa cittadina. Con Massimo un insieme non da poco di chef illustri provenienti da tutto il mondo. Hanno dato un piccolo saggio delle loro qualità nell’opening gala al Kempinskj (altro albergo di strardinaria bellezza). Tra i tanti ci hanno colpito la simpatia e l’estro di Alvin Leung (già conosciuto a Hong Kong nel suo BO innovations che ora ha un gemello a Londra), e il giovanissimo tristellato Gert De Mandeleer (Hertog Jan a Bruges).