Nel predominante degrado del circondario (e pensare che siamo in una delle località più belle e visitate del mondo) spicca la tranquillità rassicurante di questo locale. Il servizio formale viene ravvivato dalla gentilezza di Laila che accoglie, spesso poi completata dalla presenza del marito e chef Paolo Gramaglia anche lui volentieri in sala. Paolo è un entusiasta, praticamente autodidatta, supplisce con grande passione alla carenza dei fondamentali che poi , specie in questi ultimi anni, ha cercato di colmare. E di sicuro rispetto all’ultima volta l’abbiamo trovato migliorato, soprattutto se pensiamo al piatto più tradizionale, un buon baccalà fatto senza particolari effetti, ma pienamente rispondente a quello che tante volte vorremmo trovare, e all’elegante e innovativa cerchia di farro in apertura. Nel resto del percorso affiora qualche cottura di troppo (l’astice e la cernia) e soprattutto una propensione al barocchismo che andrebbe tenuta a guardia. C’è creatività anche nei dessert, che sono gustosi, ma che andrebbero pure loro snelliti in finezza.