Amarcord sorrentino: Caruso

Quasi trent’anni fa Paolo Esposito allora giovane ristoratore sorrentino, acquisì questo ristorante e lo intitolò al sommo tenore, non solo per il legame che aveva con la cittadina, ma anche per la sua profonda passione per la musica. Dall’incontro con Guido D’Onofrio, biografo del tenore, nacque l’idea di radunare qui molti cimeli della sua vita e di creare intorno alla tavola un vero e proprio museo dedicato a Caruso. Paolo era un capace professionista di sala, ed ebbe la fortuna di saper scegliere il cuoco: Antonio Cosentino, uno tra i migliori e più creativi chef della penisola sorrentina. Con lui il locale decollò e nei primi anni novanta il Caruso annoverava una ricca clientela che rimaneva incantata a guardare gli antipasti a specchio di Cosentino, il suo raffinato aspic di caviale, le brillanti esecuzioni di crostacei, il tartufo che inondava i piatti. Oggi le due figlie di Paolo con i rispettivi generi portano avanti il locale con dignità, (e la più semplice trattoria Basilica sulla stessa via), ma di certo non c’è più la clientela di allora.

 

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