Siamo in tanti convenuti qui per la 42sima edizione della guida Espresso, tanti anni a testimoniare un percorso ricco di contenuti. Secondo Enzo Vizzari, il curatore da tanti anni, viviamo un periodo meno scintillante di qualche anno fa, con meno “geni” e un buon talento medio, insomma sono sempre gli stessi i primi della classe. Forse io sono più ottimista: vedo tanti giovani in gamba affacciarsi e fare i primi passi in questo settore. Però è indubbio che il successo dipende non solo dal talento e dalle caratteristiche individuali, ma anche dalle circostanze favorevoli. E sono meno ottimista sul percorso della nostra Italia di questi anni.
Riccardo Camanini
Buon ultimo, o quasi. Eccoci in questo ristorante del quale ormai conoscevamo già tante cose, visto tanti piatti, decantati da tanti bravi colleghi. Riccardo inoltre lo conosciamo da quando, giovanissimo, reduce da Marchesi, aveva preso la responsabilità della cucina di Villa Fiordaliso. In tanti anni si è fatto conoscere ed apprezzare per le sue non comuni doti. Ma certo che lì, per l’alto numero di coperti e per le ristrettezze logistiche degli spazi, non si poteva forse esprimere in modo compiuto. Da più di un anno con il fratello Giancarlo ha fatto un investimento importante in questo bel locale in riva al lago posto subito dopo il Grand Hotel Fasano. Non hanno badato a spese per attrezzarlo in modo più che gradevole con anche qualche bellissimo mobile moderno. La sala colpisce: giovani cuochi/camerieri a turno portano e presentano i piatti con sorrisi e non poca professionalità. La cucina segue con una serie di piatti che confermano tutto il bene che si dice in giro di questa brigata. Un susseguirsi di ricette e accostamenti che non ricalcano il dejà vu, che si esprimono con originalità e profondità. Non manca nemmeno la giocosità specie nel finale tra tuiles di cioccolato alla fiamma e torrone sporzionato al tavolo, passando prima per l’eclatante cacio e pepe in vescica. Tra le soluzioni più incisive mettiamo il dripping di risotto e la coraggiosa bavette di manzo al suangue di rilascio, ma il piatto che più ci ha conquistato è quello meno equilibrato e volutamente sballato: il morso del lago, dove l’acidità del cavolo e il fumo dell’agone fanno una gara esagerata, ma appassionante, a conquistarsi la palma del protagonista. Dette le tante e doverose lodi, un appunto: l’eccessiva potenza gustativa di molte ricette che finisce per stravolgere il palato e qualche volta apre la porta ai disequilibri interni (la poca acidità dei fusilli e degli spaghettoni, la pesantezza del fondo nel risotto e nei funghi trombetta ad esempio). Citiamo qualcuno di questi bravi ragazzi: in sala Giovanni Pizzurro, Manuele Menghini, Billa Aliguettou, Shazad Babar; in cucina Marco Tacchetto, Gilles Fornoni, Antonino Scirè, Martina Sguerso, Federica D’Alpaos, Alessandro Franchi.
C’è emozione, c’è la tensione della gara che dai box delle cucine arriva fino a dentro il teatro. Il Bocuse d’Or è rigore e precisione, i tempi sono scanditi dall’orologio, i movimenti e i passi contati e precisi. Non è facile gestire così tante situazioni diverse allo stesso tempo, ma una volta partiti tutto poi scorre per il suo verso giusto: i giurati, attenti e precisi; i candidati emozionati ma allenati allo stress. Primo turno sono 4: Stefano Paganini, Andrea Alfieri, Giuseppe Raciti, Giovanni Lorusso. Centrato il piatto del pesce, spettacolari i vassoi con la ricetta della carne.
Ci dispiace innanzi tutto per chi la stella la perde, non sono in tanti, ma ci sono almeno due perdite dolorose: La Tenda Rossa e Agata&Romeo. Numerose le nuove stelle, ma nel rango di una, mentre l’alta classifica langue: nessun nuovo tre stelle e solo due nuovi due stelle. Si fermano l’Alto Adige e il Trentino (anzi arretrano), in avanti il sud: Sicilia e Campania (ormai la regione più stellata) e avanza quest’anno una sorprendente Toscana….effetto Renzi?