Una consuetudine quella di brindare al Four Seasons dopo la presentazione della guida Espresso. Ci ritroviamo così in quest’albergo che per molti è tra i più belli, se non il più bello, del mondo. Basta entrare nell’atrio per sentirsi in un altro pianeta ed è proprio l’Atrium che da il nome al ristorante di tutti i giorni, con una duplice scelta, una lounge superba o il giardino in stagione. Chiamare giardino quello che è il parco privato cittadino più grande d’Europa è ovviamente minimalista, è comunque un’esperienza da non perdere, anche perché sarete coccolati da un servizio superbo, diretto da Alessio Anedda. Chef executive è uno degli chef più amati da tutti, pubblico e critica, sia per il suo carattere che per le sue capacità professionali, sempre disponibile, sempre gentile, sempre operoso, sempre educato, parliamo di Vito Mollica. Lui, con il suo aiuto Filippo Fiorentini, ex emergente chef alle nostre competizioni, propone una cucina di lettura forse un po’ semplice, centrata sul gusto pieno, generosa negli ingredienti preziosi (ma qui siamo in una struttura che lo richiede). Il piatto migliore? l’elegante zuppa di granchio reale, il meno convincente? I pici fin troppo carichi. Ancora due annotazioni: il dessert fuori concorso, tra i migliori assaggiati quest’anno, ci fa ricordare che in pasticceria c’è Domenico Di Clemente, un fuoriclasse. L’ultima nota è invece triste, un ricordo per Patrizio Cipollini, il direttore fin dal primo giorno di quest’albergo, scomparso da qualche mese. A sostituirlo l’esperto Max Musto, tanti anni in giro per il mondo nei migliori alberghi, e quindi porta la sua grande esperienza.
Patrizio Cipollini
Il tradizionale lunch della Pommery a premiare il piatto dell’anno è diventato ormai un evento a tutto tondo. D’altronde la formula: piatto dell’anno + risotto dell’anno + champagne Pommery + la classe del FourSeasons è un’equazione irresistibile. Ed infatti la bella sala del ristorante non ha un centimetro vuoto, ma nonostante il pienone il servizio (stellare) del Four Seasons si dimostra sempre all’altezza.
Complimenti a Mimma Posca, un evento che cresce e che è ormai un must.
Un gran piatto quello di Romito e un grande champagne in abibnamento. E’ stato l’acuto del lunch Pommery al Four Seasons, ma anche il resto non ha sfigurato, sia per gli altri champagne, sempre cuvèe Louise, la prestigiosa etichetta di Pommery, sia per i piatti pensati da Vito Mollica: molto buono ed elegante il suo farro autunnale.
E, come è ormai una tradizione, si festeggia il piatto dell’anno della Guida de L’Espresso, al palagio del FourSeasons di Firenze grazie all’invito di Pommery, la ben nota maison che ci abbina il meglio della sua “collezione”. Si pasteggia con magnum di Cuvèe Louise 2000 (e già saremmo stati contenti), ma sul piatto dell’anno arriva l’ancora più eslcusivo Clos de Pompadour 2002. Ringraziamo e ci godiamo gli ottimi spaghetti con aglio e peperoncino, calamaretti croccanti e caviale dei fratelli Cerea una volta tanto insieme per l’occasione. Un pò debole abbiamo trovato il piatto di apertura, le verdure ripiene, mentre ottimo il dessert del bravo pasticciere del Palagio.
Nella bella terrazza ai piedi del Pincio una cena piacevolmente informale che ci ha fatto ritrovare personaggi come Fulvio Pierangelini, Patrizio Cipollini e altri che è sempre un piacere incontrare. L’occasione era la presentazione di alcuni grandissimi vini che è piuttosto raro (e costoso) accostare. Il tutto abbinato ad un menù dal sapore di casa, privo di ridondanze, centrato sul gusto, come quello che ti aspetti dal sempre grande Fulvio (che risotto!).
Siamo in presenza di un grande albergo, di una grande clientela e di una grande brigata. Tutto questo è apprezzabile, posti così in Italia ce ne dovrebbero essere a diecine, e invece si contano sulle dita. Il Four Seasons comunque ne metterebbe in fila parecchi e gli “unicum” che può vantare ne fanno una meta pregiata ed esclusiva del turismo “top” a livello mondiale. Nel bel parco è operativa da poco una “trattoria” specializzata in bistecca e pizza, il bar offre un ulteriore offerta che viene incontro al pubblico e al Palagio Vito Mollica propone una cucina di classe, che non dimentica il territorio e che è ben lontana da tante opache e andanti cucine alberghiere d’Italia (anche tra i 5 stelle), e che infatti è ben apprezzata anche dai fiorentini. Il prezzo è alto, ma giustificato dal posto, un pò troppo alto magari il ricarico sui vini. Un lungo menù ci ha fatto apprezzare la grande varietà di stimoli e idee che ci sono alla base, il crescendo dei sapori, l’utilizzo di un’ampia gamma di ingredienti dove non mancano quelli di pregio, ma dove trovano spazio anche i sapori dell’orto soprattutto toscano (di appartenenza) e lucano (d’origine dello chef). Un servizio praticamente perfetto ci incuriosisce con un curioso vino d’Oltralpe, dalla cucina ci arrivano i sapori esaltanti dei calamaretti con ceci neri, dei famosi cavatelli e di un ottimo pollo di Laura Peri seguito da un piccione altrettanto buono. Leggermente sottotono la capesanta e i pici, e un pò criticabile la monotonia del servizio a piatto tondo che impone poi una costruzione centripeta della ricetta. Una lode finale a Vito Mollica che pur destreggiandosi tra Palagio e Conventino, tra sala e cucina, tra decine di collaboratori…non perde mai la calma ed il sorriso, insomma un professionista come pochi.
Uno dei più belli alberghi del mondo (per molti il più bello in assoluto) ci accoglie e ci riscalda. fuori comincia a nevicare.