Non “villa”, ma “casa” Maria Luigia e, nonostante il lussuoso confort che cerca di prevenire ogni desiderio dell’ospite, la sensazione rimane quella di una “casa”. Casa Bottura per l’appunto dove Lara e Massimo hanno portato qui i loro sogni e sono riusciti pure a realizzarli, per altro in tempi brevi. Il sogno è ancora aperto, forse ci saranno altre puntate, ma già quanto è in essere rende questo posto unico nel suo genere. Basta aprire il frigo della camera per capire che siamo in una struttura che è attenta a questo genere di cose, ma conoscendo loro c’era d’attenderselo. Come anche le opere di arte moderna appese alle pareti, come pure il buon gusto dell’arredo che ripercorre i grandi classici del design. La musica è un’altro amore di Massimo, e oltre 5000 vinili di musica classica jazz e pop sono a disposizione degli appassionati in un boudoir da sogno professionalmente attrezzato. Quello che sorprende è la semplicità dell’accoglienza, la professionalità del giovane team che è in esercizio da pochi mesi con anche un lockdown di mezzo e che sembra invece nato per riceverti. Abbiamo passeggiato sotto gli alberi secolari, tra le vasche degli ortaggi di un orto a stella, e ovviamente dormito, non nella Casa, ma nella nuova dependance, un gioiello di tecnologia, con lounge sala da pranzo e cucina anche questa a disposizione delle tre camere che contiene. Per ultimo la prima colazione, semplice ma diversa, rasenta la perfezione. Non le solite cose che potete trovare ovunque, ma è il territorio che vi dà il buongiorno con delle semplici (apparentemente) ricette che lasciano a bocca aperta, come il più buono ed elegante erbazzone mai assaggiato, la frittata di cipolle che chiamarla frittata ci pare un affronto, e potremmo continuare con lo gnocco fritto che sembra una nuvola, la focaccia dolce e salata ed altro ancora. Grazie Jessica per averci preparato queste bontà.
Lara Gilmore
Il brunch, acronimo di breakfast e lunch può essere un po’ dell’uno o dell’altro, ma anche una terza via. E ci sembra che Lara e Massimo Bottura abbiano scelto quest’ultima. Non è un breakfast, non ci sono praticamente cereali, muffin, croissant e torte; non è un lunch e nemmeno il pranzo della domenica che in genere contempla poche tradizionali portate. Diciamo che è una specie di via di mezzo tra un picnic servito al tavolo per via della dimensione campestre, e un barbecue americano per la cottura (ma c’è anche il forno a legna oltre alla griglia e all’affumicatore) e la musica dal vivo. C’è convivialità, familiarità senza dimenticare le buone maniere con un servizio efficiente e puntuale, mentre dall’angolo cottura i ragazzi coordinati da Jessica si muovono con eleganza ma anche tanta precisione. Le portate si susseguono con il fumo che fa da filo conduttore e con il suo irresistibile richiamo che emana dalla zona forno, giocando spesso sul riuscito contrasto: amaro del fumo che rende croccante la superficie dell’ingrediente versus il dolce e il morbido dell’interno. Buono l’inizio con una pancetta completata dal pomodoro che sa di fumo e dalla ricotta al forno, sensazionale la frittata di cipolle senza cipolle (tolte alla fine) cotta a bassa temperatura nel forno con anguilla laccata. Ma è buono pure il resto, dall’elegante baccalà in leggera crosta alla costoletta di vitello anch’essa finita al forno a legna. Rinfresca il sorbetto, mentre un po’ troppo vischioso è il S’more please (una specie di marshmellow semiliquido). E poi il brunch è un modo anche di godersi della presenza di Lara e Massimo che, fuori dall’ufficialità dell’Osteria Francescana, qui ritrovano la loro vera dimensione e la voglia di divertirsi e inventarsi nuove formule di mangiare e di vita. E lo vedremo presto, quando con l’autunno il brunch prenderà nuova forma, quale? siamo anche noi curiosi di scoprirla.
Arrivare al vertice è sempre difficile, ma ancora di più rimanerci. Abbiamo conosciuto proprio agli inizi Massimo Bottura, quando era ancora alla trattoria di Campazzo, prima di partire per New York, conoscere Lara Gilmore e da lì diventare il grande chef che è. Il successo spesso annebbia le idee, cambia il carattere, ti fa perdere il contatto con il mondo reale. In questo Massimo secondo noi, sostenuto da una grande apertura mentale, una cultura a tutto campo e una capacità di dialogo come pochi, riesce a mantenere il giusto equilibrio: cucina per i ricchi, alla sua tavola si siedono i VIP più famosi, ma non dimentica che c’è un altro mondo; ed è così sempre in prima linea anche con i suoi Refettori, con i tanti progetti di Food for soul. Non venivamo da un paio di anni ed eravamo quindi curiosi: la sua cucina come si sta evolvendo? Dal momento che amiamo quanto lui anche la musica, un pò di tutti i generi, dal jazz all’opera, ma anche quella pop, amiamo ovviamente anche i Beatles, siamo crexciuti con il loro sound (anche se poi abbiamo preferito i Pink Floyd). Sgt Pepper Lonely Hearts Club Band per chi ha vissuto quell’epoca è stato come uno squarcio che apre un nuovo mondo. Un passaggio dalle canzonette gradevoli, spigliate ma leggere tipo Please me, ad una musica di gran lunga più complessa, più in linea con i tempi, un preludio al cambiamento di stili di vita che ha accompagnato la cosidetta rivoluzione dei fiori. Godersi un menù che ne ripercorre in senso gastronomico i messaggi è non solo interessante, ma illuminante perchè in un certo senso apre anch’esso verso un orizzonte gastronomico diverso che potremmo sintetizzare con uno dei titoli del menù: cellophane flowers & kaleidoscope eyes. Pur non essendoci nel menù un piatto vegetariano, sono le erbe le foglie i fiori i veri protagonisti della lunga carrellata di pietanze non solo per il cromatismo di ogni presentazione ma per l’intenso effluvio dei loro aromi. La sequenza non è a scansione (es piatto acido, poi dolce, poi amaro ecc..) ma ogni piatto è un caleidoscopio non solo di colori ma anche di sapori, potremmo dire un doppio arcobaleno. Sorprende perfino il pane, la brioche iniziale che ci ricorda quella magica di Lenotre, qui viene completamente rivista per proporre non tanto la grassezza del burro quanto la complessità dei sapori che vanno dol dolce al sapido, un vero pasto a se stante. Un delicato e intrigante fish & chips è quello dello Yellow Submarine, una potente costruzione quella del risotto di Strawberry Fields dove dolcezza (riso e gamberi) acidità (fragole e lambrusco) aromaticità (pepe ed erbe) fumo e grassezza (mozzarella di bufala affumicata) si succedono nel palato in un lungo inseguimento. Il piatto che forse ci ha più colpito è il successivo: il merluzzo al curry verde, un piatto bellissimo di grande nobiltà, elegante, giocato con pochi protagonisti (il pesce, la salsa, e la sfumature del verde), senza tempo e luogo (il merluzzo e il curry sono ingredienti veramente universali) ma rimane nella mente come un capolavoro di arte moderna. Altro gran piatto è il piccione. L’unica osservazione che facciamo è sul piccione in quanto tale, fin troppo ricorrente in tutte le grandi tavole d’Italia (e non solo), ma qui vorremmo vedere un tacchino, un coniglio, meglio ancora il pollo! Ma tornando al piccione è di certo difficile trovarlo in una versione così raffinata, di consistenza quasi burrosa nel petto, di sapore deciso e ficcante nella crocchetta. Largo è lo spazio dedicato ai dessert, anche qui non ci si annoia: dalla cremosità intrigante della creme caramel all’effervescenza del Summer is coming, e alla golosità della nuvola di zucchero finale. Manca solo forse nel complesso una nota croccante più pronunciata. In sintesi un’esperienza che ci conferma che Massimo è sempre lassù, in alto, diciamo riprendendo i Beatles in the sky with or without Lucy, shining on the crazy diamonds (questa volta citando i Pink Floyd) dove i crazy diamonds sono i suoi ragazzi della sua brigata, ai quali sembra lasciare più libertà di esprimersi e di fare di quest’Osteria Francescana un posto senza necessario riferiemnto territoriale ma capace di spaziare lontano e interagire con il mondo. Ed è notizia di queste ore che Massimo è stato nominato Ambasciatore dell’ONU per i suoi meriti e la sua visione umnitaria. E’un riconoscimento che premia Lui, ma anche l’Italia tutta.
Il cibo può essere arte e comunque anche l’arte attraverso il cibo può allargare il suo messaggio universale di cultura e bellezza. Qui li troviamo nuovamente uniti e coniugati insieme in nome di quel messaggio sociale ed etico che è alla base dei Refettori creati da Massimo Bottura in giro per il mondo. Ognuno è un mondo a sè, inserito spesso in contesti unici tenendo conto dell’ambiente, tutti sono idealmente collegati e uniti dalla forza della straordinaria impresa che Massimo Bottura ha saputo realizzare. A Napoli il contesto è veramente spettacolare e suggestivo, l’avvio esaltante. Si incomincia domenica coon il pranzo curato da Gennaro Esposito. Lodi a Massimo, ma anche a Lara, che è l’anima del progetto Food and Soul, coadiuvata dalla brava Cristina Reni.