Mancava solo un pò di venticello romano serale, ma quest’estate sembra avara al riguardo. Per il resto una serata quasi perfetta, che ha visto 4 annate di Dom Perignon accompagnare i piatti di Francesco Apreda, e così dall’Oenoteque (le vecchie annate di DP) alla Plenitude (le annate più recenti; in genere comunque anno almeno quasi una diecina di anni) abbiamo visto, assaggiato e goduto la pienezza di queste interpretazioni dello champagne, presentate direttamente dal creatore, Richard Geoffroy chef de cave. 4 annate, 4 bottiglie che è un piacere assaggiare, dove è difficile dire quella più buona. La nostra preferenza va al 1995, al massimo della sua pienezza, ma come non riconoscere la grandezza del 2003, vista la difficile annata? E un buon champagne si dimostra ideale anche negli abbinamenti, a volte non semplici, con le ricette di uno chef che cerca anche lui di conciliare la potenza dei sapori con l’eleganza del contesto. Francesco Apreda ha iniziato con un polpo sapiente, proseguito con dei vermicelli intriganti, è andato sul sicuro con i rigatoni, per chiudere con l’agnello (con qualche ridondanza di troppo) e fulminarci con un perfetto dessert.