Josto a Cagliari

Qui non si fa nulla per passare inosservati: la sala è di grande effetto, forse più quella del lato bstrot che lato ristorante, più tradizionale. La cucina non solo è a vista, ma è per Pierluigi Fais più un palco doive si recitano a soggetto le ricette che una cucina vera e propria. Pierluigi appartiene secondo noi a quella schiera di cuochi che si caricano con la presenza fisica dei clienti a stretto contatto. Lui cucina per loro pietanze che sembrano quasi improvvisate (e non lo sono), te le porta anche spesso al tavolo, sono convinto che ti vorrebbe anche imboccare, ma per ora si astiene. Questo per dire che pranzare qui è un’esperienza vera, che si ricorda. E questo è importante, troppo spesso nel nostro girovagare a stento ci ricordiamo perfino di dove abbiamo mangiato la sera prima. Ma torniamo al nostro pranzo e ne approfittiamo per ringraziare Pietro Pitzalis che ci ha portato e ha diviso con l’ esperienza. Il menù offre varie alternative, alcune quasi da mordi e fuggi, altre più coinvolgenti e noi ovviamente abbiamo seguito queste ultime. Abbiamo lasciato fare allo chef e non ce ne siamo pentiti. Non che tutto quello che è arrivato alla tavola sia stato buono, anzi emerge quasi ovunque una certa approssimazione e una limitata tecnica di base (lo chef è autodidatta e non ha fatto grosse esperienze in giro). Però è indubbio che supplisce con una grande passione, un estro indiscusso sostenuto da una forte personalità, che ti lascia la voglia di ritornare. Il piatto migliore? gli intriganti spaghetti cacio e pepe ai due pecorini (normale e affumicato), il peggiore? il tortino di patate sarde e finocchi, a Roma si direbbe, un mappazza!

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