C’eravamo stati all’inizio, prima dell’arrivo di Oliver eprima della fine dei lavori. In un certo senso questa è stata quindi la prima volta e abbiamo così potuto ben apprezzare la portata dell’investimento e del progetto. Non alludiamo tanto all’azienda vinicola, che comunque è cresciuta per numero, qualità e messa a punto del vigneto, quanto alla parte ristorativa in attesa che il progetto venga completato con l’ospitalità (ma ci vorrà ancora qualche anno). Un progetto che per ampiezza e respiro non è usuale, basti vedere al nuovo ingresso del ristorante, al disegno della sala che si affaccia su un lato sulla vigna illuminata mentre il lato interno è segnato da numerose nicchie piene di tesori (per gli appassionati del vino) messi in bella vista. Ma è la cura del dettaglio di ogni oggetto che colpisce e bisogna dare atto a Felice Mergè (il titolare) e alla compagna Rossella Macchia (che quotidianamente segue l’opera) di non risparmiarsi. Oliver Glowig pensiamo quindi che abbia trovato un posto importante e tranquillo dove portare avanti la sua idea di cucina. E’ un ottimo professionista, cauto nel rischio, ma non banale, dà ampie garaznie e sicurezza per poter fare di questo posto un punto di grande qualità e richiamo per tutti i gourmet. La nostra esperienza lo conferma con una cena precisa, curata nei dettagli, dall’inizio alla fine senza cadute con la trippa come piatto top e gli spaghetti alle lumache come il meno convincente (manca lo sprint al piatto).
Felice Mergè
Giusto al casello dell’autostrada, subito a destra e siete subito arrivati a Poggio alle Volpi. La struttura è soprendente /e lo sarà di più quando sarà finita). vi accolgie una splendida cantina a vista piena delle bottiglie dell’azienda (che ricordiamo ha vigne nel Lazio e in Puglia) ma anche di tante altre ben note etichette, poi si scende nella grotta di Aladino, o meglio nella barricaia tramite un percorso alterna barriques a visioni celestiali per ogni gourmet che si rispetti: la cave dei grandi prosciutti, culatelli, salumi, la cave dei formaggi con alcuni caciocavalli podolici d’eccezione, la varie cave delle bottiglie “amiche”, dove si alterna grande Bourgogne al Bordeaux, Barolo e Toscana, chardonnay della Nuova Zelanda e distillati come l’Ardbeg, ed altro ancora. Come dire che la visita predispone al meglio. Ma le sorprese non sono La sala del ristorante è dominata dalla grande griglia ed in effetti accanto c’è una grande vetrina a vista dove riposano e si affinano le lombate, fino ad una frollatura di quasi cento giorni, affidate poi alla mano di Raul Gugnau. Il messaggio è chiaro: qui ci sono grandi prodotti, dagli affettati ai formaggi, dalle carni crude a quelle cotte. La cucina è, forse a ragione, un passo indietro. La brigata è giovane, ma anonima, non esce in sala e si presenta con messaggi quasi didascalici: carciofo con l’uovo, cacio e pepe, pollo con peperoni, dessert. Tutto accettabile ma di certo non lascia il segno rispetto al ben di Dio che c’è intorno. I vini sono ben presentati, d’altronde sono quelli, molto validi dell’azienda (abbiamo assaggiato un ottimo frascati superiore e un Baccarossa dal sapore pieno e piacevolmente fruttato), meno ben la presentazione dei piatti (a domanda precisa nessuno ti sa rispondere). A dirigere il tutto una bella coppia, anche ben assortita: lui Felice Mergè ci sembra calmo e riflessivo, Lei Rossella Macchia attiva e onnipresente tra i tavoli.