Un locale che di sala in sala ti accompagna in un crescendo di eleganza, tra linee architettoniche e qualità di arredo. Il tutto poi si spiega: la proprietà è di Anna Fendi che in fatto di lusso se ne intende. Qualità che arriva anche al ristorante dove opera una solida e ormai collaudata brigata. Luigi Picca gestisce il team di sala, Domenico Stile quello di cucina. Domenico ha alle spalle un’esperienza varia e di prestigio (Vissani, Di Costanzo, Cannavacciuolo e Crippa) con anche amore della pasticceria (come la ricerca estetica dei piatti presentati conferma). Tra porcellane sottili e decori che riprendono i motivi della Villa, la degustazione proposta è una vera collezione di bellissime ricette molte delle quali riuscite anche dal punto di vista organolettico. C’è forse una proposta complessiva sopra le righe per complessità e voglia di fare, ma è lo stile “alla Nino Di Costanzo” che lascia probabilmente la sua eredità. Eredità che è tutt’altro che da disprezzare, pensiamo alla bontà dei primi che ci sono arrivati, a quella del pesce (il miglior soaso mai assaggiato) e infine (e prevedibile) a quella del dessert. Meno convincente seppure sempre bella, la corolla di rape (troppe) e tonno, e un pò scivolosa l’anatra servita. Ma sono piccoli dettagli in un menù che alla fine è degno di lode.
Rudy Travagli
Sono proprio bravini questi due giovani chef, Domenico Stile con il suo aiuto Antonio Autiero, che da qualche settimana hanno preso la responsabilità delle cucine di questa bellissima struttura, tra le più belle, ampie, eleganti della Capitale. Professionalità in sala, cuori giovani in cucina con tanta voglia di fare. La scuola è quella, maniacale e un pò sesquipedale, di Nino Di Costanzo, innervata da passaggi importanti da Crippa, Bottura, Cannavacciuolo ed Alinea! Come per dire che non si è fatto mancare quasi nulla! Ed il risultato c’è tutto in un menù lungo, complesso, ambizioso, dove la quota tecnica è rispettata, il divertimento pure, i sapori ci sono con qualche imprecisione qua e là (monotono il tataki di tonno, troppo carico il condimento degli spaghetti). Lode comunque alla sequenza iniziale, molto studiata ed appariscente, buoni i secondi e anche la serie dolce finale con una pasticceria fine e precisa come è raro vedere. Disappunto vero solo per il risotto, brutto, pesante e greve, sembra quasi di un’altra mano.