Fuor di dubbio che Lorenza Cogo sia tra gli chef più promettenti e considerando che è ancora giovanissimo non possiamo che ben sperare. Anzi più che speranza è ormai una certezza: venire a El Coq significa comunque fare una deviazione che ripaga. Un menù di due facciate, sul lato sinistro il grande amore per la materia prima, per la carne, per la griglia. Una serie di piatti, (c’è anche la selezione dei formaggi e degli affettati), dove si esprime la ricerca dell’ingrediente e il rispetto per la forza della semplicità quando la materia prima vale. La pagina di destra è quella che poi attira il gourmet e qui il percorso si differenzia, anzi sembra di andare quasi in direzione opposta: gli ingredienti in ogni ricetta si moltiplicano, provengono da paesi molto più remoti, le sensazioni e gli umori trasmessi sembrano vari ma anche incostanti e quasi capricciosi. Nel lungo percorso degustativo arriva un pò di tutto, tutto è mediamente più che buono e molto spesso anche ottimo (e questo conta e non poco), ma non si avverte ancora, e ci sembra voluto, la linearità dei grandi chef collaudati che tengono sempre il timone saldo anche se vanno a destra o a sinistra, quanto la spontaneità emozionale del giovane che segue l’istinto, la voglia, l’impulso dell’estro, per darti quello che gli passa in quel momento per la testa. La tecnica è tale che non sarete mai (o quasi) delusi, la sensazione finale è che ancora manca qualche linea di maturità, ma a 25 anni è più che normale. Tra i piatti migliori mettiamo le cozze affumicate, il fondale marino, l’ostrica alla brace, i cannelloni di acqua di pomodoro. Meno ci sono piaciuti la piovra in confit, i tortelli e la pluma.