Ben venga a Roma di questi tempi un pò di Verve. A portarcela Eleonora Spagnoli e Renzo Valeriani, già noti per il loro sodalizio con Riccardo Di Giacinto (Hall e Madre). Li ritroviamo in questo elegante albergo, il DOM a via Giulia, dal classico stampo british, ravvivato dalla bella terrazza in stagione. Pur essendo a maggio la bella stagione è al momento un miraggio, quindi ci ritroviamo tutti un pò strettini nel salottino del piano terra. Suoni luci e paillettes attraverso le quali vengono serviti gli assaggi della cucina affidata ad Adriano Magnoli. Auguriamo lunga Verve ad un posto che finora non ha ancora trovato la giusta continuità (qui sono già passati Achilli, Max Mariola ed altri), ma nessuno di loro forse aveva la giusta verve.
Adriano Magnoli
Dal piccolo primo All’oro ai Parioli, a questa nuova struttura il salto è importante. Non ci risultano precedenti, crediamo sia la prima volta che uno chef prende la proprietà (almeno in quota parte) e la gestione di un albergo (tra l’altro una vera chicca di 14 belle camere) e del suo ristorante qui a Roma. L’investimento è importante, ma crediamo che Ramona e Riccardo Di Giacinto abbiano la capacità di portarlo avanti. Hanno sempre avuto l’ambizione di crescere nella qualità, ma senza dimenticare anche di ampliare il giro dei consensi e della clientela. Basti vedere il grande successo del Madre, praticamente sempre soldout tutte le sere. L’All’oro però resta e resterà sempre il loro cuore, il baricentro delle attività, dove mettono il massimo dell’impegno e la loro faccia. Il ristorante è nel basement, arredato con eleganza e gusto anche se un pò volutamente buio, forse troppo. Ma almeno le luci illuminano bene i piatti che arrivano e sono tutti piatti molto curati, ricercati da un punto di vista di contenitore e di presentazione. Il menù offre di fondo due linee: i grandi classici e le novità. Ma tra ieri e oggi non ci sono forti discontinuità, la filosofia di Riccardo è ben chiara, procede a piccoli passi, senza fretta, senza segni di creatività dirompente (ma che è spesso a volte effimera), cercando di mettere a punto ogni dettaglio. Piatti che inseguono in genere non tanto l’azzardo o la provocazione, quanto il gusto pieno e la succulenza, ricette che vanno incontro al cliente e non vogliono girargli intorno senza farsi capire. Nel nostro percorso un plauso agli stuzzichini iniziali vari ed eleganti, qualcuno solo un pò troppo pesante. Poi tutto più che buono, ma di certo abbiamo preferito i secondi e i dessert (anche questi golosi a tutto tondo, evvivà!, e non sbiaditi come spesso capita) ai due primi un pò troppi carichi. Il piatto migliore? l’ottimo pollo alla cacciatora che sarebbe stato perfetto con un purè più centrato.