La Locanda Dell’Asino

Quella messa in piedi da Gianni Gaibisso, proprietario lungimirante dell’Hotel Baia Blu di Alassio, e da Giorgio Servetto, chef di buone intenzioni e di buonissima mano, è tra le migliori cucine che ho visto nascere negli ultimi dodici anni in Liguria. Un piccolo albergo defilato, fuori dal traffico, fuori dai sentieri più battuti dai turisti, che siamo questi i budelli sudanti, i caruggi maleodoranti, o i bagni umidi e sabbiosi. Qui entriamo invece in un piccolo e fresco giardino ombreggiato, e poi in una piccola sala avvolta da luce indiretta, da boiserie chiara e da specchi che amplificano l’effetto di bellezza. Bellezza e concretezza di cucina, messa in scena dallo scorso autunno da questo cuoco di 36 anni indigeno del luogo, praticamente autodidatta, ma che qualche cosa deve anche al passaggio nelle cucine della Fornace di Barbablu di Giuse Ricchebuono, e dall’estinto Antico Genovese di Varazze. 
Due cucine diverse, da cui prendere  finezza e concretezza, per conseguire questo  ottimo risultato, qui, alla Locanda dell’Asino. Nel dettaglio delle immagini troverete un pre-antipasto tradizionale come il pomodoro cuore di bue al cipollotto, basilico e bottarga di spada fatta in casa. La triglia marinata alle erbe e agrumi, poi appena affumicata e cubettata, prima di finire su una finissima julienne di zucchine profumate all’aceto di lamponi.
La deliziosa zuppa di cipolle con gnocchi di calamari senza farina (fatti solo con i tentacoli addensati nell’albume) e gli stessi calamari al vapore; il tutto arricchito da terra di nocciole tostate. A seguire il meraviglioso morro di baccalà in crema di latte d’aglio di Vessalico tartufato, e ricoperto da una ludica nuvola di fili di patate fritte.
I grintosi tagliolini alla chitarra impastati con acqua di cipolla di Tropea e poi saltati in padella con cipollotto, dadini di pomodoro cuore di bue e infine mantecati con una tartare di scampi all’olio di canapa sativa.
I ricchi ravioli di ricotta di capra ed erbette in ragù di lumache alla ligure, tartufo nero, che devono (le lumache) nuotare nell’olio, come si usa fare nell’entroterra savonese e imperiese. Ancora un bell’esempio ed un esercizio non solo estetico per i ravioli di sfoglia di kamut integrale farciti di cipolle rosse al sale, con pancetta fatta in casa e pinoli tostati.
Il ciuppin alla mia maniera parla da solo, e la sventagliata di assaggi di dessert (solo apparentemente banali), e di cui volutamente non aggiungo dettagli. non potrà lasciare indifferente nessuno.

 

 

 

Roberto Mostini,

post condiviso e simultaneo.

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